Sulle tracce di Caravaggio a Roma: l’itinerario gratuito

Caravaggio, La Vocazione di San Matteo, 1600

Dai Parioli al centro storico, alla scoperta del Maestro del Barocco italiano

C’è una città in cui l’arte non si osserva soltanto, ma si vive ogni giorno. Dove le opere non restano chiuse tra le pareti di un museo, ma si rivelano nei silenzi delle chiese o lungo le strade, e la storia è incisa su colonne, templi e obelischi. Quella città è Roma. E tra le varie esperienze sorprendenti che offre, c’è anche la possibilità di vedere gratis Caravaggio nei luoghi sacri per cui ha dipinto. Fra contrasti di luce e un realismo che sfida il tempo, le sue opere non si limitano a raccontare la storia del Barocco italiano, ma regalano allo spettatore un’emozione che resta impressa nella memoria.

L’itinerario nasce con l’idea di offrire un’esperienza da affiancare alla mostra in corso a Palazzo Barberini, dedicata alla rivoluzione artistica e culturale del maestro del chiaroscuro. Per comprendere appieno il genio dell’artista, infatti, non c’è niente di più coinvolgente che seguirne le tracce nei luoghi che lo hanno visto protagonista. Il percorso proposto conduce alla scoperta di alcune delle chiese che custodiscono i suoi capolavori più celebri, partendo dal quartiere Parioli – dove si trova Ada Home – Luxury Guest House – fino al cuore del centro storico di Roma, tra arte, storia e scorci sorprendenti.

Si parte dalla Chiesa di San Luigi dei Francesi, situata nei pressi di Piazza Navona, dov’è custodito il Ciclo di San Matteo. Nella Cappella Contarelli, tre opere monumentali raccontano altrettanti episodi della vita dell’evangelista – la vocazione, il martirio e l’ispirazione – in una climax di passione e realismo. Commissionate nel 1599 dal cardinale Francesco Del Monte, mecenate del Merisi, le tele rappresentano una svolta nella pittura sacra grazie all’uso innovativo della luce e alla drammaticità della composizione.

Dei tre dipinti, La Vocazione di San Matteo (1599-1600) è forse il più celebre. Caravaggio ambienta l’episodio evangelico (Matteo 9,9-13) in una modesta taverna, raffigurando una scena quotidiana che riflette la vita reale delle osterie dell’epoca. L’atmosfera è cupa, interrotta da un fascio di luce che attraversa diagonalmente la tela e colpisce Matteo, l’esattore delle tasse, proprio nell’istante in cui Cristo lo chiama a seguirlo.

L’uso della luce è magistrale: non si tratta solo di un espediente realistico, ma di un vero e proprio strumento narrativo. L’illuminazione segue il gesto di Cristo, sottolineando l’intervento divino nella vita del peccatore. Non c’è nessuna sacralità esplicita: la scelta di Matteo avviene nel cuore della quotidianità, rendendo il miracolo ancora più potente. L’opera è rivoluzionaria anche nella sua costruzione: il gesto divino richiama quello della Creazione di Adamo di Michelangelo, mentre l’abbigliamento contemporaneo dei personaggi cancella qualsiasi distanza temporale tra lo spettatore e la scena.

Difronte, il Martirio di San Matteo (1599-1600) esplode in una scena caotica e carica di tensione. Il santo, ormai anziano, viene aggredito mentre celebra la messa, assassinato da un sicario seminudo, che si scaglia su di lui con un’espressione di feroce determinazione. Il dramma si consuma sotto gli occhi attoniti dei fedeli, tra cui lo stesso Caravaggio, che si autoritrae sulla sinistra con uno sguardo diretto allo spettatore, come se lo invitasse a condividere l’orrore della scena.

Anche qui l’illuminazione ha una funzione simbolica: il sicario è investito dalla stessa luce che colpisce Matteo, un paradosso che suggerisce il misterioso disegno divino dietro al martirio. In alto, un angelo si sporge da una nuvola, porgendo la palma del martirio al santo, mentre la disposizione dei corpi crea una struttura piramidale che accentua la drammaticità dell’evento. L’opera richiama la tradizione manierista, ma la sua forza emotiva è tipicamente caravaggesca.

Al centro della cappella si trova San Matteo e l’Angelo (1602), l’ultimo elemento del trittico. Il santo è ritratto come uno scriba ispirato, intento a scrivere il Vangelo sotto la guida di un angelo che gli suggerisce i contenuti. Il movimento delle mani dell’angelo sembra voler dettare il testo, mentre Matteo, con il gomito appoggiato al tavolo e il ginocchio in bilico su uno sgabello, appare immerso nel difficile compito di tradurre il messaggio divino in parola scritta.

Questa versione sostituì una prima opera, che si ritiene fosse stata rifiutata perché poco rispettosa: qui l’evangelista veniva rappresentato come un popolano rozzo, guidato con eccessiva confidenza dall’angelo. In realtà, l’opera iniziale era destinata a decorare una pala d’altare provvisoria, in attesa del completamento della cappella. Rispondeva, pertanto, a una funzione liturgica e devozionale specifica, in linea con le direttive della Controriforma.

La nuova versione, più composta e solenne, rappresenta l’equilibrio tra l’ispirazione divina e l’umanità, enfatizzato da un chiaroscuro che conferisce alla scena una profonda plasticità. Nel ciclo di San Matteo, Caravaggio raggiunge una maturità espressiva straordinaria: la luce diventa simbolo della Grazia e la realtà si intreccia con il sacro. Un’esperienza unica, da vivere nella penombra della cappella, dove questi capolavori continuano a parlare con la stessa forza di quattro secoli fa.

In pochi passi si giunge direttamente alla seconda tappa, la Basilica di Sant’Agostino, per ammirare la Madonna dei Pellegrini, nota anche come Madonna di Loreto. Questo capolavoro, realizzato tra il 1604 e il 1606, è un esempio perfetto della rivoluzione estetica di Caravaggio. L’iconografia tradizionale collocava la Madonna col Bambino su un trono o dentro un’edicola, oppure seduta sulla Santa Casa, trasportata in volo dagli angeli. Caravaggio, invece, elimina ogni elemento soprannaturale: i due pellegrini, inginocchiati in adorazione, mostrano piedi sporchi e volti segnati dalla fatica del viaggio, un dettaglio che suscitò grande scandalo tra i contemporanei. Alcuni critici vi videro una provocazione, mentre altri interpretarono la scena come un omaggio alla semplicità della fede popolare, che trova nel divino un conforto alle miserie quotidiane.

Si narra che il volto della Vergine fosse ispirato a Lena, identificata con Maddalena Antognetti, una celebre cortigiana romana e modella dell’artista. Questa scelta, che annullava la distanza fra sacro e profano, fu uno dei motivi per cui Caravaggio venne spesso accusato di eccessivo realismo. Il cardinale Federico Borromeo criticò aspramente questo approccio, osservando che «il volgo ignorante in simili pittori ammira soltanto gli errori, e non sa comprendere l’arte né vedere se vi è qualcosa di veramente bello». Nonostante le polemiche, la Madonna dei Pellegrini divenne un’icona della pittura caravaggesca, esaltando il valore della fede e la capacità dell’arte di rendere tangibile il divino.

Il percorso prosegue fino alla Basilica di Santa Maria del Popolo, situata all’ingresso dell’omonima piazza. Qui, nella Cappella Cerasi sono conservati due capolavori assoluti di Caravaggio: La Conversione di San Paolo e La Crocifissione di San Pietro, entrambi realizzati tra il 1600 e il 1601. Due opere che parlano il linguaggio dell’artista, fatto di luce e ombra, realismo e tensione drammatica.

Sulla parete destra della cappella, La Conversione di San Paolo immortala l’attimo in cui Saulo, sulla via di Damasco, cade da cavallo, accecato dalla luce divina (Atti, 26,12-18). Ma la vera epifania non è tanto la manifestazione della divinità, quanto la presa di coscienza interiore del protagonista: con le braccia spalancate, Saulo accetta la volontà divina in un gesto che richiama una crocifissione simbolica.

In una scelta innovativa e controcorrente, Caravaggio esclude la figura di Cristo dalla scena, concentrando l’attenzione sul cavallo, che occupa quasi l’intero spazio visivo; per questo il dipinto è stato ironicamente definito la “Conversione del Cavallo”. L’animale simboleggia l’istinto e l’irrazionalità, mentre il palafreniere che lo trattiene è la Ragione, in un perfetto equilibrio allegorico. L’illuminazione teatrale, cifra stilistica del Merisi, investe la scena in modo obliquo, dissolvendo metaforicamente le tenebre del peccato e intensificando il pathos della rappresentazione.

Sulla parete sinistra, La Crocifissione di San Pietro rappresenta il martirio del primo Pontefice, inchiodato a testa in giù per sua stessa volontà, ritenendosi indegno di morire come Cristo, mentre i tre uomini che faticano a sollevare la croce sono investiti da un’intelligente distribuzione di luce e ombre.

In quest’opera Caravaggio elimina ogni riferimento superfluo per amplificare l’impatto emotivo. Non c’è una gerarchia tra vittima e carnefici: tutti sono protagonisti, ognuno con il proprio ruolo. Gli aguzzini sono raffigurati come comuni operai, intenti nel loro compito, con un’attenzione quasi fotografica ai dettagli: spiccano le venature della croce, il piede sporco di uno degli uomini, i solchi sulla fronte di quello a sinistra, persino il riflesso della luce sulle unghie di Pietro.

L’opera che oggi ammiriamo è la seconda versione del dipinto, realizzata a olio su tela dopo che la prima versione su tavola (andata perduta) fu accantonata a causa della riduzione delle dimensioni della cappella. Con queste due tele, Caravaggio rivoluziona la pittura sacra, immergendo lo spettatore in un dramma visivo di straordinaria potenza espressiva.

Il nostro itinerario si conclude in uno dei luoghi in cui Michelangelo Merisi soggiornò durante il suo periodo romano. Arrivato a Roma intorno al 1592, dopo un momento di grande difficoltà, è noto che l’artista fu accolto dal cardinale Del Monte a Palazzo Madama, dove visse dal 1595 al 1601. Tra il 1602 e il 1603, Caravaggio si trasferì probabilmente dai fratelli Mattei, Asdrubale e Ciriaco, per poi affittare, l’8 maggio 1604, una casa-bottega nel vicolo San Biagio, che all’epoca costeggiava il palazzo dell’Ambasciatore di Firenze.

I registri parrocchiali della Chiesa di San Nicola dei Prefetti nel giugno del 1605 documentano la presenza del pittore e del suo garzone, Francesco, in quella residenza. La casa, di proprietà del giurista Laerzio Cherubini, era usufruita in parte da una donna di nome Prudenzia Bruni. È interessante notare che Caravaggio desiderava «scoprire metà della sala», probabilmente per sfruttare meglio la luce naturale delle finestre e per avere spazio sufficiente per le sue tele di grandi dimensioni, come quella della Morte della Vergine (1606), commissionatagli da Cherubini nel 1601 (oggi al Louvre di Parigi).

Curiosamente, dopo aver pagato regolarmente l’affitto fino a gennaio 1605, il pittore smise di pagare, accumulando un debito di 22,50 scudi. Prudenzia Bruni si rivolse quindi al tribunale, ottenendo il sequestro degli oggetti di Caravaggio come risarcimento. Oggi, al numero 19 del Vicolo del Divino Amore, non ci sono segni visibili della presenza di Caravaggio, se non un murales che riproduce il suo volto. Questa mancanza di commemorazione rende ancora più affascinante la storia del grande artista in questo angolo di Campo Marzio a Roma.

Oltre alle opere visibili gratuitamente, Roma offre un’ampia panoramica sull’opera del Maestro del Barocco, ospitando numerosi dipinti in alcuni musei prestigiosi. Alle Gallerie Nazionali Barberini Corsini è possibile ammirare, ad esempio, Giuditta e Oloferne (1603) e San Francesco in meditazione (1605-1606). La Galleria Borghese conserva, invece, sei opere, tra cui La Madonna dei Palafrenieri (1605-1606) e Davide con la testa di Golia (1609-1610). I Musei Vaticani ospitano la Deposizione (1602-1604), mentre i Musei Capitolini espongono La Buona Ventura (1593-1594) e San Giovanni Battista (1602). In Galleria Doria Pamphilj si trovano una copia di San Giovanni Battista, Riposo durante la fuga in Egitto (1597) e la Maddalena penitente (1594-1595). Infine, al Casino Ludovisi, su prenotazione, si può osservare Giove, Nettuno e Plutone (1597) l’unico affresco attribuito a Caravaggio.

Fra arte e comfort da Ada Home – Luxury Guest House Rome

Ada Home: la base ideale per gli amanti dell’arte

Caravaggio è certamente uno degli artisti più amati al mondo, e non sorprende che turisti e appassionati di storia dell’arte includano le sue opere nel loro itinerario nella Città Eterna.

Per rendere l’esperienza ancora più piacevole, vi consigliamo di pernottare da Ada Home – Luxury Guest House, il nostro bed and breakfast di lusso situato nel quartiere Parioli. La posizione strategica permette di raggiungere facilmente le principali attrazioni, incluse le opere di Caravaggio, senza rinunciare alla serenità di un quartiere residenziale.

La nostra struttura combina il massimo della comodità a un’atmosfera accogliente, perfetta per chi desidera un soggiorno all’insegna del relax dopo una giornata trascorsa in giro per la città. Offriamo camere arredate con gusto e un’attenzione particolare ai dettagli, specialmente artistici. Gli ospiti, inoltre, potranno godere di una colazione preparata con ingredienti freschi, ideale per iniziare la giornata con energia prima di avventurarsi alla scoperta della Capitale.

Con una base così, la vostra visita a Roma si trasformerà in un’esperienza indimenticabile, che vi permetterà di apprezzare al contempo la bellezza e la storia senza tempo della Città Eterna.

Visita gratis i capolavori di Caravaggio a Roma

Come raggiungere il centro storico di Roma dal quartiere Parioli

Roma custodisce alcuni dei capolavori più significativi di Caravaggio all’interno di varie chiese, offrendo un’esperienza che alterna realismo, spiritualità e drammaticità. La visita proposta è un’opportunità, accessibile a tutti, per approfondire la rivoluzione pittorica di uno degli artisti più innovativi della storia dell’arte.

Partendo da Ada Home – Luxury Guest House è possibile raggiungere il centro storico di Roma in auto o taxi (in circa 20 minuti), oppure con una bella passeggiata attraverso i suggestivi vicoli della città.

In alternativa, si può usufruire dei mezzi di trasporto pubblico: l’opzione più conveniente è prendere l’Autobus Linea 53 (direzione S. Claudio) dalla fermata Liegi/Bellini, fino a Largo Chigi. Da lì, si prosegue a piedi per circa 10 minuti (700m) fino a raggiungere Piazza S. Luigi dei Francesi, la prima tappa del nostro percorso dedicato a Caravaggio.